Attraverso questa ricerca, si vuole indagare un fenomeno da qualche anno molto diffuso in Italia e all’estero, ossia il riuso di edifici industriali per esporre opere d’arte, in particolare, contemporanee. La scelta di esporre in luoghi di origine industriale si colloca esattamente al lato opposto rispetto alla tendenza di costruire nuovi magnificenti musei, in cui il contenitore si trasforma, a sua volta, in un’opera d’arte. La presenza di spazi industriali sul territorio è dovuta a una rapida trasformazione dell’economia, che passando da una dimensione produttiva a una terziaria, dimenticò sul territorio enormi fabbriche e contenitori vuoti privi di alcuna funzione d’utilizzo, che attraverso l’arte possono oggi rivivere una seconda vita. La volontà di esporre in “spazi alternativi”, quali sono quelli industriali, trova le sue radici nella storia dell’arte contemporanea. Dalla scoperta dello spazio nell’arte ambientale fino alla nascita dell’installazione e dell’arte concettuale, queste innovazioni generarono numerosi cambiamenti nei modi di esporre l’arte del secondo Novecento. In questa ricerca, si vuol mettere in luce una museologia secondaria, non caratterizzata da nomi altisonanti ma dal rispetto della storia degli edifici preesistenti e del territorio. Il riutilizzo di immobili industriali, come luoghi espositivi, include la vita e la realtà nell’arte, contravvenendo alla presunta neutralità del White Cube. Le preferenze degli artisti spesso sono rivolte a questi spazi industriali, piuttosto che ai convenzionali musei, ciò è dovuto alla loro ricchezza di memoria e alla possibilità per gli artisti di sperimentare, liberi da ogni limitazione forzatamente trasmessa dall’elite culturale dominante. I casi di studio rappresentano due diversi aspetti della questione a confronto, da un lato l’affermato Hangar Bicocca a Milano, coinvolto in un grande progetto di riqualificazione urbana e grazie al fondatore Pirelli, diventato negli anni un simbolo della rinascita della Bicocca, pur conservando la sua origine sperimentale. Dall’altro lato, il giovane progetto di Dolomiti Contemporanee, che fa della costante ricerca di siti dismessi da “riattivare”, attraverso interventi mirati sul territorio, il suo obiettivo. Hangar Bicocca e Dolomiti Contemporanee dimostrano due modi di rigenerare spazi industriali attraverso l’arte contemporanea: l’istituzione internazionale da un lato e il progetto itinerante con focus sul territorio, dall’altro.
Rigenerazione urbana: spazi industriali per l’arte contemporanea. Hangar Bicocca e Dolomiti Contemporanee, due casi di studio a confronto.
Mattiazzi, Sara
2013/2014
Abstract
Attraverso questa ricerca, si vuole indagare un fenomeno da qualche anno molto diffuso in Italia e all’estero, ossia il riuso di edifici industriali per esporre opere d’arte, in particolare, contemporanee. La scelta di esporre in luoghi di origine industriale si colloca esattamente al lato opposto rispetto alla tendenza di costruire nuovi magnificenti musei, in cui il contenitore si trasforma, a sua volta, in un’opera d’arte. La presenza di spazi industriali sul territorio è dovuta a una rapida trasformazione dell’economia, che passando da una dimensione produttiva a una terziaria, dimenticò sul territorio enormi fabbriche e contenitori vuoti privi di alcuna funzione d’utilizzo, che attraverso l’arte possono oggi rivivere una seconda vita. La volontà di esporre in “spazi alternativi”, quali sono quelli industriali, trova le sue radici nella storia dell’arte contemporanea. Dalla scoperta dello spazio nell’arte ambientale fino alla nascita dell’installazione e dell’arte concettuale, queste innovazioni generarono numerosi cambiamenti nei modi di esporre l’arte del secondo Novecento. In questa ricerca, si vuol mettere in luce una museologia secondaria, non caratterizzata da nomi altisonanti ma dal rispetto della storia degli edifici preesistenti e del territorio. Il riutilizzo di immobili industriali, come luoghi espositivi, include la vita e la realtà nell’arte, contravvenendo alla presunta neutralità del White Cube. Le preferenze degli artisti spesso sono rivolte a questi spazi industriali, piuttosto che ai convenzionali musei, ciò è dovuto alla loro ricchezza di memoria e alla possibilità per gli artisti di sperimentare, liberi da ogni limitazione forzatamente trasmessa dall’elite culturale dominante. I casi di studio rappresentano due diversi aspetti della questione a confronto, da un lato l’affermato Hangar Bicocca a Milano, coinvolto in un grande progetto di riqualificazione urbana e grazie al fondatore Pirelli, diventato negli anni un simbolo della rinascita della Bicocca, pur conservando la sua origine sperimentale. Dall’altro lato, il giovane progetto di Dolomiti Contemporanee, che fa della costante ricerca di siti dismessi da “riattivare”, attraverso interventi mirati sul territorio, il suo obiettivo. Hangar Bicocca e Dolomiti Contemporanee dimostrano due modi di rigenerare spazi industriali attraverso l’arte contemporanea: l’istituzione internazionale da un lato e il progetto itinerante con focus sul territorio, dall’altro.File | Dimensione | Formato | |
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