Con questo elaborato è mia intenzione prendere in esame l’obesità e il sovrappeso in Giappone, quali dinamiche socio-culturali intercorrano tra i soggetti interessati da tale condizione e che tipo di relazione si sia instaurata tra i canoni estetici del Giappone e del mondo attribuendo particolare rilevanza all’estetica femminile contemporanea. La campagna governativa del 2008 definita Metabo ha indotto la popolazione a considerare i rischi dell’insorgenza della sindrome metabolica ma al contempo potrebbe aver alimentato i disordini alimentari soprattutto nelle donne. Statistiche mostrano che già nel 2002 il 12,5% delle donne sottopeso dai 15 anni di età in su stava attivamente cercando di dimagrire. (Hayashi Fumi et al, 2006, p. 1161). Seguendo il recente fenomeno del cosiddetto movimento body positive, vorrei comprendere l’accoglienza da parte dei media nipponici e le ripercussioni in ambito culturale ed economico che la diffusione di questa nuova corrente ha introdotto. Si pensi infatti alla rilevanza assunta dal social media marketing veicolato da modelle, e personalità dello spettacolo che attraverso il ruolo di influencer contribuiscono da un lato alla creazione e diffusione di nuovi modelli estetici di riferimento, dall’altro all’espansione del settore del plus size fashion. L’attrice Naomi Watanabe ha costruito il proprio successo attorno alla sua figura paffuta divenendo modella e stilista della propria linea di abbigliamento e conquistando il pubblico dei social media con la ragguardevole quota di 8,7 milioni di follower sul solo profilo Instagram. Il successo editoriale rappresentato dalla rivista La Farfa, primo magazine in terra nipponica specializzato nel settore delle taglie comode, rappresenta un concreto esempio di quella che a mio giudizio è un’autentica rivoluzione culturale che sconfinando in tutti i paesi mira ad esortare gli uomini le donne di qualsiasi età, etnia ed estrazione sociale a riappropriarsi della sicurezza interiore ed autostima anestetizzate dai dettami irrealistici della moda (Jovanovski, 2014, p.25) e dall’opinione sociale. Poste tali premesse vorrei concentrare la mia analisi sul settore specifico della moda femminile giapponese, in particolare per quanto concerne l’abbigliamento di settore medio-alto ed esplorate le potenzialità che questo mercato ha da offrire elaborando un modello di business per una potenziale azienda che intenda affacciarsi su questo allettante mercato. A riprova dell’importanza di questo fenomeno, i dati raccolti dalla Nissen, una delle principali piattaforme di e-commerce nipponico parlano chiaro: in Giappone l’11,5 % delle donne di età compresa tra i 20 e i 60 anni indossa una taglia pari o superiore alla XL e il mercato sarebbe in continua espansione. Questa ricerca sarà composta dall’analisi e l’elaborazione di trattazioni di carattere scientifico, storico nonché sociologico arricchite da ricerche mirate sui siti web specialistici, un sondaggio condotto tra studentesse universitarie della Tohoku Universty di Sendai, approfondimenti relativi agli attori operanti nel settore del giornalismo e dell’industria della moda in Giappone quali la suddetta rivista La Farfa ma anche di un confronto con esempi italiani come la modella curvy Laura Brioschi, da qualche anno salita alle luci della ribalta per battaglia intrapresa contro i disturbi alimentari e la promozione di un atteggiamento positivo nei confronti del proprio corpo.
Giappone plus size. Innovazioni socio-economiche della moda calibrata nel Sol Levante.
Feltrin, Susanna
2019/2020
Abstract
Con questo elaborato è mia intenzione prendere in esame l’obesità e il sovrappeso in Giappone, quali dinamiche socio-culturali intercorrano tra i soggetti interessati da tale condizione e che tipo di relazione si sia instaurata tra i canoni estetici del Giappone e del mondo attribuendo particolare rilevanza all’estetica femminile contemporanea. La campagna governativa del 2008 definita Metabo ha indotto la popolazione a considerare i rischi dell’insorgenza della sindrome metabolica ma al contempo potrebbe aver alimentato i disordini alimentari soprattutto nelle donne. Statistiche mostrano che già nel 2002 il 12,5% delle donne sottopeso dai 15 anni di età in su stava attivamente cercando di dimagrire. (Hayashi Fumi et al, 2006, p. 1161). Seguendo il recente fenomeno del cosiddetto movimento body positive, vorrei comprendere l’accoglienza da parte dei media nipponici e le ripercussioni in ambito culturale ed economico che la diffusione di questa nuova corrente ha introdotto. Si pensi infatti alla rilevanza assunta dal social media marketing veicolato da modelle, e personalità dello spettacolo che attraverso il ruolo di influencer contribuiscono da un lato alla creazione e diffusione di nuovi modelli estetici di riferimento, dall’altro all’espansione del settore del plus size fashion. L’attrice Naomi Watanabe ha costruito il proprio successo attorno alla sua figura paffuta divenendo modella e stilista della propria linea di abbigliamento e conquistando il pubblico dei social media con la ragguardevole quota di 8,7 milioni di follower sul solo profilo Instagram. Il successo editoriale rappresentato dalla rivista La Farfa, primo magazine in terra nipponica specializzato nel settore delle taglie comode, rappresenta un concreto esempio di quella che a mio giudizio è un’autentica rivoluzione culturale che sconfinando in tutti i paesi mira ad esortare gli uomini le donne di qualsiasi età, etnia ed estrazione sociale a riappropriarsi della sicurezza interiore ed autostima anestetizzate dai dettami irrealistici della moda (Jovanovski, 2014, p.25) e dall’opinione sociale. Poste tali premesse vorrei concentrare la mia analisi sul settore specifico della moda femminile giapponese, in particolare per quanto concerne l’abbigliamento di settore medio-alto ed esplorate le potenzialità che questo mercato ha da offrire elaborando un modello di business per una potenziale azienda che intenda affacciarsi su questo allettante mercato. A riprova dell’importanza di questo fenomeno, i dati raccolti dalla Nissen, una delle principali piattaforme di e-commerce nipponico parlano chiaro: in Giappone l’11,5 % delle donne di età compresa tra i 20 e i 60 anni indossa una taglia pari o superiore alla XL e il mercato sarebbe in continua espansione. Questa ricerca sarà composta dall’analisi e l’elaborazione di trattazioni di carattere scientifico, storico nonché sociologico arricchite da ricerche mirate sui siti web specialistici, un sondaggio condotto tra studentesse universitarie della Tohoku Universty di Sendai, approfondimenti relativi agli attori operanti nel settore del giornalismo e dell’industria della moda in Giappone quali la suddetta rivista La Farfa ma anche di un confronto con esempi italiani come la modella curvy Laura Brioschi, da qualche anno salita alle luci della ribalta per battaglia intrapresa contro i disturbi alimentari e la promozione di un atteggiamento positivo nei confronti del proprio corpo.File | Dimensione | Formato | |
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