Questa tesi si propone di trattare in modo assolutamente non esaustivo (in coscienza della complessità del tema) le condizioni delle badanti in Italia, in particolar modo di nazionalità rumena, scegliendo come fil rouge le loro lotte per “esserci”, per affermarsi soprattutto come persone, esseri umani con desideri, aspirazioni e famiglie, sopravvivendo ad un contesto che preferisce definirle in base esclusivamente alle loro capacità lavorative.Il non riconoscimento sociale ( sia in Italia, sia in Romania: i giudizi negativi sulla partenza di queste donne della comunità di origine non mancano) , la perdita di continuità con gli affetti di origine, la scarsità di opportunità per coltivare una vita sociale soddisfacente nella comunità di accoglienza sono, all’avviso di chi scrive, all’origine di un senso di mancanza, di non presenza, di assenza di aspetti esistenziali importanti. Ciononostante, queste donne non rinunciano alla ricerca dei propri diritti, delle proprie famiglie, delle proprie esistenze. Ci si soffermerà in particolar modo sui loro modi di mantenere i contatti coi figli, rinnovando e mettendo a dura prova il concetto di maternità. Ridefinendolo soprattutto da un punto di vista transnazionale. A questo proposito , è utile ed interessante ricordare e commentare il progetto “Te iubeste mama” (si traduce “La mamma ti vuole bene”, promosso dall’Associazione delle donne migranti in Romania), attuato proprio per agevolare l‘incontro e la relazione tra le madri che si trovano in Italia e i figli rimasti in Romania. Avvalendosi di fatti e testimonianze presentate da giornali Italiani e Rumeni, raccogliendo emozioni da frammenti di letteratura verosimile, come l’opera “Badante per sempre “ di Ingrid Beatrice Coman (scrittrice rumena di lingua italiana), questa tesi insisterà sulle problematiche esistenziali che il lavoro di cura insinua nelle vite delle migranti rumene, nello specifico sulla paradossale scissione dell’identità di chi parte proprio per salvaguardarsela, sulle lotte per ESSERCI in un sistema che vuole annullare la dimensione umana attraverso orari e richieste che vanno a discapito di tutto ciò che i lavoratori sono riusciti ad ottenere. Ci si porrà infine il seguente quesito: le badanti sono lavoratori o schiavi moderni? All’avviso di chi scrive, questo è un quesito di un’importanza delicatissima, in quanto chiama in causa i vari significati che l’essere umano attribuisce alle sfaccettature della vita: al lavoro produttivo, alla vita famigliare e sociale, al tempo, al successo, al futuro. A ciò che si può sperare dal futuro.

Relazioni di cura e percorsi di resilienza delle "badanti" rumene in Italia.

Girdescu, Anamaria Gabriela
2016/2017

Abstract

Questa tesi si propone di trattare in modo assolutamente non esaustivo (in coscienza della complessità del tema) le condizioni delle badanti in Italia, in particolar modo di nazionalità rumena, scegliendo come fil rouge le loro lotte per “esserci”, per affermarsi soprattutto come persone, esseri umani con desideri, aspirazioni e famiglie, sopravvivendo ad un contesto che preferisce definirle in base esclusivamente alle loro capacità lavorative.Il non riconoscimento sociale ( sia in Italia, sia in Romania: i giudizi negativi sulla partenza di queste donne della comunità di origine non mancano) , la perdita di continuità con gli affetti di origine, la scarsità di opportunità per coltivare una vita sociale soddisfacente nella comunità di accoglienza sono, all’avviso di chi scrive, all’origine di un senso di mancanza, di non presenza, di assenza di aspetti esistenziali importanti. Ciononostante, queste donne non rinunciano alla ricerca dei propri diritti, delle proprie famiglie, delle proprie esistenze. Ci si soffermerà in particolar modo sui loro modi di mantenere i contatti coi figli, rinnovando e mettendo a dura prova il concetto di maternità. Ridefinendolo soprattutto da un punto di vista transnazionale. A questo proposito , è utile ed interessante ricordare e commentare il progetto “Te iubeste mama” (si traduce “La mamma ti vuole bene”, promosso dall’Associazione delle donne migranti in Romania), attuato proprio per agevolare l‘incontro e la relazione tra le madri che si trovano in Italia e i figli rimasti in Romania. Avvalendosi di fatti e testimonianze presentate da giornali Italiani e Rumeni, raccogliendo emozioni da frammenti di letteratura verosimile, come l’opera “Badante per sempre “ di Ingrid Beatrice Coman (scrittrice rumena di lingua italiana), questa tesi insisterà sulle problematiche esistenziali che il lavoro di cura insinua nelle vite delle migranti rumene, nello specifico sulla paradossale scissione dell’identità di chi parte proprio per salvaguardarsela, sulle lotte per ESSERCI in un sistema che vuole annullare la dimensione umana attraverso orari e richieste che vanno a discapito di tutto ciò che i lavoratori sono riusciti ad ottenere. Ci si porrà infine il seguente quesito: le badanti sono lavoratori o schiavi moderni? All’avviso di chi scrive, questo è un quesito di un’importanza delicatissima, in quanto chiama in causa i vari significati che l’essere umano attribuisce alle sfaccettature della vita: al lavoro produttivo, alla vita famigliare e sociale, al tempo, al successo, al futuro. A ciò che si può sperare dal futuro.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
834761-1190786.pdf

accesso aperto

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 785.86 kB
Formato Adobe PDF
785.86 kB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/19635