Una delle questioni più importanti del nostro tempo è quella circa la tecnica, un fenomeno con cui quotidianamente facciamo i conti e che, proprio per questa ragione, non possiamo più esimerci dal pensare. Il presente elaborato intende, dunque, ridiscutere il senso della tecnica partendo dalle riflessioni di due filosofi che su questo tema si sono a lungo soffermati: Martin Heidegger e Emanuele Severino. Il lato heideggeriano di questo lavoro prende le mosse dal rapporto tra "physis" e "techne" nel mondo antico per giungere alla concezione di tecnica moderna come "Gestell", im-posizione o impianto, che sì è esito estremo di quella volontà di potenza che vuole il dominio sul mondo dell’ente ma è pur sempre, se non soprattutto, un modo con cui l’essere si mostra, anzi è precisamente "il" modo con cui l’essere si fa evento, si disvela nel nostro tempo. Il versante severiniano, invece, si avvia con una discussione degli snodi teoretici fondamentali del pensiero del filosofo per evidenziare i tratti salienti di quella fede nel divenire propria di una storia della metafisica occidentale che ha dimenticato la verità dell’essere eterno ed immutabile. Tenuti fermi questi passaggi, possiamo indagare – con Severino – il problema della tecnica, che è conclusione necessaria e più coerente di tale fede nel divenire come incominciare e smettere di essere. Sono due pensatori certo distanti tra loro e forse anche inconciliabili, Heidegger e Severino, ma che ci invitano pur sempre a fare la stessa cosa, per quanto in modi diversi: pensare il tempo che abitiamo, il tempo della tecnica.
Abitare il tempo della tecnica. Tra Heidegger e Severino
Antonello, Niccolò
2023/2024
Abstract
Una delle questioni più importanti del nostro tempo è quella circa la tecnica, un fenomeno con cui quotidianamente facciamo i conti e che, proprio per questa ragione, non possiamo più esimerci dal pensare. Il presente elaborato intende, dunque, ridiscutere il senso della tecnica partendo dalle riflessioni di due filosofi che su questo tema si sono a lungo soffermati: Martin Heidegger e Emanuele Severino. Il lato heideggeriano di questo lavoro prende le mosse dal rapporto tra "physis" e "techne" nel mondo antico per giungere alla concezione di tecnica moderna come "Gestell", im-posizione o impianto, che sì è esito estremo di quella volontà di potenza che vuole il dominio sul mondo dell’ente ma è pur sempre, se non soprattutto, un modo con cui l’essere si mostra, anzi è precisamente "il" modo con cui l’essere si fa evento, si disvela nel nostro tempo. Il versante severiniano, invece, si avvia con una discussione degli snodi teoretici fondamentali del pensiero del filosofo per evidenziare i tratti salienti di quella fede nel divenire propria di una storia della metafisica occidentale che ha dimenticato la verità dell’essere eterno ed immutabile. Tenuti fermi questi passaggi, possiamo indagare – con Severino – il problema della tecnica, che è conclusione necessaria e più coerente di tale fede nel divenire come incominciare e smettere di essere. Sono due pensatori certo distanti tra loro e forse anche inconciliabili, Heidegger e Severino, ma che ci invitano pur sempre a fare la stessa cosa, per quanto in modi diversi: pensare il tempo che abitiamo, il tempo della tecnica.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/17902