Nel 1965, attraverso astute manipolazioni e neutralizzando i suoi potenziali rivali, Nicolae Ceausescu ottiene la leadership del PCR. Continua le politiche del suo predecessore: accelerazione forzata dell’industria pesante, indipendenza da Mosca; inoltre promuove una politica estera di convivenza pacifica fra tutti gli stati, con un’apertura progressiva verso i paesi occidentali. Il culmine di questa politica è il 1968 quando Ceausescu condanna pubblicamente l’invasione della Cecoslovacchia da parte dei paesi membri del Patto di Varsavia; diventando così il famoso oppositore dell’URSS. I benefici economici di questa apertura verso l’occidente si manifestano attraverso nuovi crediti ed una progressiva apertura del commercio con questi paesi. Se da un lato l’industria conosce anni di sviluppo con la creazione di colossi dell’industria petrochimica, dell’acciaio e del carbone, dall’altro questi enormi cluster industriali divorano le risorse naturali del paese, specie quelle di petrolio e carbone. Questo significa che alla fine degli anni ’70 problemi interni dell’economia, la seconda crisi del petrolio e il raggiungimento del livello massimo di produzione di petrolio nazionale, portano maggiori costi di importazione delle materie prime necessarie per per mettere a queste industrie di funzionare. La mancanza di fondi nazionali implica indebitarsi all’estero a tassi d’interesse alti, la cui restituzione porta a ridurre le importazioni e forzare le esportazioni. Questa politica di austerità riduce drasticamente la disponibilità di alimenti per il consumo interno, energia e riscaldamento privato vengono offerti solo in certi orari, il tutto per dare di più all’industria. Risultato: i paesi occidentali cominciano ad avere dubbi sulla reale intenzione di Ceausescu e dunque i primi tentativi di chiedere il rispetto dei diritti dell’uomo e riforme cominciano a diventare più evidenti. Ceausescu a sua volta comincia a vedere i debiti esteri come lo strumento attraverso il quale gli altri stati cercano di interferire con gli affari interni della Romania, e quindi decide di restituire tutti i debiti senza pensare al peso che questa politica avrà sulla popolazione e sull’economia del paese. Questo lavoro si propone di analizzare l’evoluzione del debito estero, la crisi, le cause della politica di austerità, l’implementazione di tale politica e le relative conseguenze. L’obiettivo è quello di dimostrare come la posizione della società internazionale degli anni ’80 assieme a fattori interni hanno limitato le soluzioni per uscire da questa crisi; per mantenere il regime esattamente com’era, Nicolae Ceausescu poteva solo promuovere la politica di austerità.

Romania in the 1980s between foreign debt crisis and austerity policy

Casvean, Ana-Maria
2017/2018

Abstract

Nel 1965, attraverso astute manipolazioni e neutralizzando i suoi potenziali rivali, Nicolae Ceausescu ottiene la leadership del PCR. Continua le politiche del suo predecessore: accelerazione forzata dell’industria pesante, indipendenza da Mosca; inoltre promuove una politica estera di convivenza pacifica fra tutti gli stati, con un’apertura progressiva verso i paesi occidentali. Il culmine di questa politica è il 1968 quando Ceausescu condanna pubblicamente l’invasione della Cecoslovacchia da parte dei paesi membri del Patto di Varsavia; diventando così il famoso oppositore dell’URSS. I benefici economici di questa apertura verso l’occidente si manifestano attraverso nuovi crediti ed una progressiva apertura del commercio con questi paesi. Se da un lato l’industria conosce anni di sviluppo con la creazione di colossi dell’industria petrochimica, dell’acciaio e del carbone, dall’altro questi enormi cluster industriali divorano le risorse naturali del paese, specie quelle di petrolio e carbone. Questo significa che alla fine degli anni ’70 problemi interni dell’economia, la seconda crisi del petrolio e il raggiungimento del livello massimo di produzione di petrolio nazionale, portano maggiori costi di importazione delle materie prime necessarie per per mettere a queste industrie di funzionare. La mancanza di fondi nazionali implica indebitarsi all’estero a tassi d’interesse alti, la cui restituzione porta a ridurre le importazioni e forzare le esportazioni. Questa politica di austerità riduce drasticamente la disponibilità di alimenti per il consumo interno, energia e riscaldamento privato vengono offerti solo in certi orari, il tutto per dare di più all’industria. Risultato: i paesi occidentali cominciano ad avere dubbi sulla reale intenzione di Ceausescu e dunque i primi tentativi di chiedere il rispetto dei diritti dell’uomo e riforme cominciano a diventare più evidenti. Ceausescu a sua volta comincia a vedere i debiti esteri come lo strumento attraverso il quale gli altri stati cercano di interferire con gli affari interni della Romania, e quindi decide di restituire tutti i debiti senza pensare al peso che questa politica avrà sulla popolazione e sull’economia del paese. Questo lavoro si propone di analizzare l’evoluzione del debito estero, la crisi, le cause della politica di austerità, l’implementazione di tale politica e le relative conseguenze. L’obiettivo è quello di dimostrare come la posizione della società internazionale degli anni ’80 assieme a fattori interni hanno limitato le soluzioni per uscire da questa crisi; per mantenere il regime esattamente com’era, Nicolae Ceausescu poteva solo promuovere la politica di austerità.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/16240