Questa tesi indaga la figura e l’opera del coreografo franco-belga Damien Jalet con particolare riferimento alle influenze del butō sulla sua poetica. Sebbene non vi siano esplicite dichiarazioni in merito da parte del coreografo o studi che approfondiscono in che misura e come le sue opere coreografiche siano costellate di rimandi al butō, questa tesi offre una prima ricognizione delle tracce di questa tradizione nipponica nel suo modo di praticare la coreografia e di strutturare uno spettacolo. Il materiale di riferimento per formulare queste ipotesi e sostenere questa indagine consiste in una serie di interviste a Jalet, di saggi teorici e storici, recensioni oltre che in documenti video di archivio. La tesi è strutturata in tre capitoli: nel primo presento il percorso artistico di Damien Jalet a partire dalla sua formazione e dalle sue numerose collaborazioni, individuando l’origine della sua fascinazione per il Giappone e la sua cultura nelle prime esperienze di viaggio. Nel secondo capitolo presento il butō dalla sua genesi alle caratteristiche soffermandomi in particolare sui concetti principali di questa pratica e il lavoro di due artisti e un collettivo ovvero Hijikata Tatsumi, Murobushi Kō e gli Sankai Juku. Nel terzo e ultimo capitolo analizzo le affinità tra la tradizione del butō e il lavoro di Jalet partendo dalla descrizione di alcune opere dell’artista belga come Thr(o)ugh (2016), Vessel (2016), Tarantiseismic (2017), Skid (2017) e Planet [wanderer] (2021). Nella seconda sezione del capitolo individuo sei elementi derivati dalla pratica del butō che ricorrono e si declinano in modi diversi nel suo corpus coreografico come il corpo morto, il corpo acefalo, lo shironuri, la ritualità, la gravità e il corpo sonoro. Sulla base di questa divisione tematica, nelle opere descritte, analizzo in che modo questi concetti del butō si manifestano nelle produzioni del coreografo contemporaneo, individuando delle interessanti analogie concettuali e stilistiche con alcune performance degli artisti butō presi in esame.
DAMIEN JALET E IL BUTŌ. Tracce, rimandi e citazioni.
Pinato, Alice
2023/2024
Abstract
Questa tesi indaga la figura e l’opera del coreografo franco-belga Damien Jalet con particolare riferimento alle influenze del butō sulla sua poetica. Sebbene non vi siano esplicite dichiarazioni in merito da parte del coreografo o studi che approfondiscono in che misura e come le sue opere coreografiche siano costellate di rimandi al butō, questa tesi offre una prima ricognizione delle tracce di questa tradizione nipponica nel suo modo di praticare la coreografia e di strutturare uno spettacolo. Il materiale di riferimento per formulare queste ipotesi e sostenere questa indagine consiste in una serie di interviste a Jalet, di saggi teorici e storici, recensioni oltre che in documenti video di archivio. La tesi è strutturata in tre capitoli: nel primo presento il percorso artistico di Damien Jalet a partire dalla sua formazione e dalle sue numerose collaborazioni, individuando l’origine della sua fascinazione per il Giappone e la sua cultura nelle prime esperienze di viaggio. Nel secondo capitolo presento il butō dalla sua genesi alle caratteristiche soffermandomi in particolare sui concetti principali di questa pratica e il lavoro di due artisti e un collettivo ovvero Hijikata Tatsumi, Murobushi Kō e gli Sankai Juku. Nel terzo e ultimo capitolo analizzo le affinità tra la tradizione del butō e il lavoro di Jalet partendo dalla descrizione di alcune opere dell’artista belga come Thr(o)ugh (2016), Vessel (2016), Tarantiseismic (2017), Skid (2017) e Planet [wanderer] (2021). Nella seconda sezione del capitolo individuo sei elementi derivati dalla pratica del butō che ricorrono e si declinano in modi diversi nel suo corpus coreografico come il corpo morto, il corpo acefalo, lo shironuri, la ritualità, la gravità e il corpo sonoro. Sulla base di questa divisione tematica, nelle opere descritte, analizzo in che modo questi concetti del butō si manifestano nelle produzioni del coreografo contemporaneo, individuando delle interessanti analogie concettuali e stilistiche con alcune performance degli artisti butō presi in esame.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14247/15236