Negli ultimi anni il concetto di crisi ed emergenza ha pervaso il discorso pubblico in Europa (crisi economica, crisi dei rifugiati, crisi sanitaria) e nell’ambito della gestione dei flussi migratori ha influenzato l’adozione di politiche sempre più restrittive, emergenziali e di controllo. La rotta balcanica, o meglio, le rotte balcaniche, che negli ultimi anni si sono create e sono state attraversate da numerosi e diversi flussi di persone, rappresentano un territorio paradigmatico su cui vengono sperimentate pratiche di controllo, assoggettamento e precarizzazione a danno delle persone in transito. La loro vita è costellata da dinamiche e strutture che creano una costante tensione tra mobilità e immobilità, tra accelerazioni e attese, con ovvie e diverse conseguenze su traiettorie, progetti migratori ed agency. La Grecia e i paesi dei Balcani rappresentano due casi emblematici di ciò che determinate politiche di controllo e chiusura possono produrre, sia nel macro che a livello individuale. La presente ricerca cercherà quindi di analizzare tali contesti focalizzandosi sulla dimensione temporale, sia come dimensione sulla quale agiscono le pratiche di controllo e governo dei fenomeni migratori, sia come esperienza che influisce sulle soggettività, sull’agency e sui percorsi migratori. Nelle zone di confine le persone in movimento, richiedenti asilo e migranti, non solo si ritrovano a vivere prolungati periodi di attesa, senza limiti e prospettive precise, ma affrontano quello che di fatto è una usurpazione e privazione del loro tempo, in una logica di controllo dei loro movimenti. Procedure burocratiche sempre più prolungate, sistemi di asilo non adeguati, la gestione dei confini interni ed esterni, il sistema hotspot e dei campi: tutto ciò rientra nelle diverse dinamiche che costringono le persone in movimento a bloccare, decelerare, posticipare, rimandare traiettorie, percorsi e progetti migratori. A partire da una analisi delle politiche migratorie europee e nazionali (nello specifico di Grecia e Bosnia-Erzegovina), dell’attuale configurazione delle rotte che attraversano l’area balcanica, del regime dei confini e dei cambiamenti avvenuti dall'inizio della pandemia di CoVid-19, si cercherà di indagare gli effetti e le conseguenze delle attese forzate e dello stato di a-temporalità sull’agency e sui percorsi migratori e di individuare le strategie che le persone in transito mettono in atto, inquadrando le situazioni all’interno di dinamiche di precarizzazione e di creazione di nuove forme di inclusione ed esclusione. 

Vivere l’(im)mobilità: un'etnografia della dimensione temporale delle persone emigranti lungo le rotte balcaniche.

Martini, Chiara
2022/2023

Abstract

Negli ultimi anni il concetto di crisi ed emergenza ha pervaso il discorso pubblico in Europa (crisi economica, crisi dei rifugiati, crisi sanitaria) e nell’ambito della gestione dei flussi migratori ha influenzato l’adozione di politiche sempre più restrittive, emergenziali e di controllo. La rotta balcanica, o meglio, le rotte balcaniche, che negli ultimi anni si sono create e sono state attraversate da numerosi e diversi flussi di persone, rappresentano un territorio paradigmatico su cui vengono sperimentate pratiche di controllo, assoggettamento e precarizzazione a danno delle persone in transito. La loro vita è costellata da dinamiche e strutture che creano una costante tensione tra mobilità e immobilità, tra accelerazioni e attese, con ovvie e diverse conseguenze su traiettorie, progetti migratori ed agency. La Grecia e i paesi dei Balcani rappresentano due casi emblematici di ciò che determinate politiche di controllo e chiusura possono produrre, sia nel macro che a livello individuale. La presente ricerca cercherà quindi di analizzare tali contesti focalizzandosi sulla dimensione temporale, sia come dimensione sulla quale agiscono le pratiche di controllo e governo dei fenomeni migratori, sia come esperienza che influisce sulle soggettività, sull’agency e sui percorsi migratori. Nelle zone di confine le persone in movimento, richiedenti asilo e migranti, non solo si ritrovano a vivere prolungati periodi di attesa, senza limiti e prospettive precise, ma affrontano quello che di fatto è una usurpazione e privazione del loro tempo, in una logica di controllo dei loro movimenti. Procedure burocratiche sempre più prolungate, sistemi di asilo non adeguati, la gestione dei confini interni ed esterni, il sistema hotspot e dei campi: tutto ciò rientra nelle diverse dinamiche che costringono le persone in movimento a bloccare, decelerare, posticipare, rimandare traiettorie, percorsi e progetti migratori. A partire da una analisi delle politiche migratorie europee e nazionali (nello specifico di Grecia e Bosnia-Erzegovina), dell’attuale configurazione delle rotte che attraversano l’area balcanica, del regime dei confini e dei cambiamenti avvenuti dall'inizio della pandemia di CoVid-19, si cercherà di indagare gli effetti e le conseguenze delle attese forzate e dello stato di a-temporalità sull’agency e sui percorsi migratori e di individuare le strategie che le persone in transito mettono in atto, inquadrando le situazioni all’interno di dinamiche di precarizzazione e di creazione di nuove forme di inclusione ed esclusione. 
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14247/13494